Il Melqart di Sciacca

Il Merqart è una statuetta di tremila anni fa, rinvenuta a mare da un peschereccio saccense e che tanti studiosi hanno legato ai Fenici. L’opera è di bronzo ed è alta 38 centimetri.

L’originale si trova custodito nel museo archeologico regionale “Antonio Salinas” di Palermo; una riproduzione è esposta a Sciacca, al museo del mare e delle attività marinare “Vincenzo e Sebastiano Tusa” di via Licata. Nella vetrina, c’è un pannello descrittivo curato nei contenuti dagli esperti della Sovrintendenza ai beni culturali di Agrigento che ci spiega le origini.

La datazione – si legge – oscilla in un periodo compreso tra il XIII e il IX secolo a.C. ed è ancora oggetto di dibattito. “La statuetta raffigura una divinità cananea che gli studiosi hanno identificato inizialmente in Melqart e successivamente in una forma di Ba’al o Hadad”. Il compianto soprintendente del Mare Sebastiano Tusa, a cui il museo saccense è dedicato, ha suggerito “una ulteriore connessione con Reshef, dio mediterraneo fondamentale nel periodo hyksos dell’Antico Egitto. Il copricapo conico con protuberanza a bottone lo accomuna nel tratto distintivo all’Osiride egizio. La posizione minacciosa e ammonitrice del braccio destro, ampiamente riscontrabile nella produzione artistica delle civiltà del tempo, è spesso di sostegno a fulmini, scettri, mazze, clavi che ne attestano la potenza di dio atmosferico, degli uragani e delle tempeste”.

Dopo essere rimasto per circa trenta secoli sepolto nel fondo del mare Mediterraneo, il manufatto è venuto casualmente alla luce nel gennaio del 1955, per essersi impigliato nella rete a strascico del motopeschereccio “Angelina Madre” dell’armatore Michele Scaglione. Il natante procedeva nel tratto di mare che va da Capo Granitola a Capo San Marco e probabilmente nelle vicinanze dei banchi di Graham, del banco Terribile e del Banco Nerita, a non meno di venti miglia dalla costa.

Alla statuetta, comparsa avvolta tra spesse incrostazioni marine, non viene attribuita nell’immediato alcuna importanza, tanto che uno dei marinai del peschereccio, Santo Vitale, la porta a casa sua senza alcun problema per pulirla. Solo in seguito, con approfonditi studi, si comprenderà tutto il suo valore. Il primo a esprimersi, in quanto per primo contattato per un esame, è stato lo storiografo Stefano Chiappisi. Secondo lo studioso si era in presenza di un’opera che rappresentava un’antica divinità, un rarissimo cimelio storico di fattura fenicia e a cui è stato attribuito il nome di “Melqart di Sciacca”, dio del mare.

Dopo un contenzioso giudiziario per stabilirne la proprietà, la statua è stata assegnata alla tutela dello Stato.

Raimondo Moncada

 

FONTI

Pannelli descrittivi del Museo del Mare di Sciacca

Sentenza del Tribunale di Sciacca del 9 gennaio 1063

Ultimo aggiornamento

20 Maggio 2024, 13:38