VINCENZO NUCCI

Luminosa, leggera, poetica, delicata, trasparente, profonda. È l’arte di Vincenzo Nucci, pittore di Sciacca, la sua quotidiana fonte di ispirazione, con i suoi paesaggi, i suoi colori, la sua luce, la sua bellezza.

Vittorio Sgarbi lo ha definito “un uomo colto, elegante, dalla conversazione pacata e dai gesti lenti e antichi”, che “ha interpretato la poesia segreta dei giardini e delle piazze deserte e assolate, dei cortili e delle palme indolenti”.

Le sue opere sono state apprezzate ovunque, in Italia e all’estero, dove sono state esposte in mostre personali e collettive: Palermo, Milano, Cagliari, Roma, Ravenna,  Pescara, Torino, Napoli, Bologna, Verona, Parigi, Tubingen, Montevideo, New York ecc.

Vincenzo Nucci è nato nel 1941. Ha frequentato l’Istituto d’Arte di Palermo e l’Accademia di Belle Arti di Agrigento. Ha insegnato tecniche murali all’Istituto d’Arte di Sciacca, rinunciando poi all’incarico per dedicarsi interamente alla pittura (il “Bonachia” gli ha dedicato lo spiazzo d’ingresso della scuola di via De Gasperi).

Le sue prime produzioni risalgono al decennio 1960-1970 e impegnano l’artista in temi sociali e drammatici come quelli legati al terremoto del Belice e alla guerra in Vietnam. Viene notato dal pittore Tono Zanganaro che nel 1969 scrive: “La pittura di Nucci è la voce di una genuina poesia che egli ci porta dalla sua Sicilia”.

Nel decennio successivo, la sua pittura si stacca da questi temi per prendere una direzione che lo accompagnerà per tutta la sua vita artistica. Vincenzo Nucci darà spazio nelle sue tele alla poesia del paesaggio siciliano e a quella palma che diventerà il suo segno caratteristico, la sua firma.

Marco Goldin, che nel 2015, per «Linea d’ombra» ha curato il libro Nucci, i quadri dell’anima, ci dice: “E cosa sono state le palme di Vincenzo Nucci a Sciacca? Cosa, se non il grado massimo di appartenenza a una terra? Passando per la via del silenzio e della sospensione di tutto, mai dell’urlo ma sempre quell’emergere da un tempo di fondo, nel quale la lingua del colore era stata creata. E in questo non  doveva essergli estraneo il fatto di essere nato in Sicilia, in una terra dove è forte più che altrove il richiamo dei primordi”.

Per il poeta e critico Aldo Gerbino, “due parole su tutte hanno distinto, in un certo senso, l’orizzonte creativo e la stessa esistenza di Enzo Nucci: riflesso e impressioni”. Gerbino parla di “elargizione di un dono, da Enzo codificato in quella lunga, e per certi aspetti lineare, morfologia paesaggistica, volta a rifiutare ogni orpello didascalico, pur essendo profondata nell’umore più denso della narrazione di architetture naturali: con erbe, fronde, con le amate palme, con assolate costruzioni rurali, case padronali, con campi accennati e fusi nell’affocata sembianza della linea tra cielo, terra e mare, in quel segno corpuscolare nel quale il registro impressionistico si è andato dilatando fino a raggiungere la piena qualità della visione interiore ed esteriore, quindi, disporsi a maggiore contatto con la completezza del mondo”.

Per Philippe Daverio le opere di Nucci “sono impressioni di memoria e di luce. Sono la nostalgia per cose che la Sicilia di oggi sta inesorabilmente cancellando. Il mistero di Nucci è il suo studio, in una di quelle case, in salita sul porto, che formano la parte araba della città di Sciacca. Lì prendono forma i ricordi e nascono le architetture e i giardini guardando, attraverso una finestra oblunga come i suoi quadri, solamente il mare senza orizzonte”.

Per il critico d’arte Tanino Bonifacio, “Vincenzo Nucci è stato l’uomo che ha donato la Bellezza felice di quell’arte che rimane in eterno, che non è moritura, non si consuma sotto la scure del tempo, non si oblia perché si fa testimone della grande emozione che la natura suscita nel cuore di ogni uomo, segnando per sempre le venature della sua anima fragile come foglia increspata. Noi tutti, i molti che hanno vissuto il miracolo della sua pittura, abbiamo ricevuto in dono il suo romanzo pittorico che narra dell’universo umano della Sicilia, costruito con pagine d’intensa liricità nelle quali ha descritto la luce della Sicilia, quella crepuscolare che tutto avvolge e protegge, che alla storia ha consegnato il tumulto, il tremore e il dolore di una umanità in bilico fra la luce creatrice e il lutto senza speranza”.

Vincenzo Nucci si è spento il 25 aprile 2015, ma la sua arte è sempre viva e continua, si diffonde, conquista con la sua luce nuovi ammiratori grazie ai figli Fabio e Massimiliano che da quel giorno ne proseguono l’attività espositiva, partecipando con le sue opere a collettive o organizzando loro stessi mostre personali in tutta Italia esaudendo l’ultimo desiderio del padre prima di lasciare questa terra.

 

Raimondo Moncada

 

FONTI

Associazione “Amici della ceramica della Pittura e delle Arti (a cura di), Vincenzo Nucci, Palermo, Sellerio Editore, 2008.

Marco Goldin (a cura di), Nucci, i quadri dell’anima, «Linea d’ombra», 2015

Tanino Bonifacio e Aldo Gerbino (a cura di), Nucci. Retrospettiva opere 1985/2015, Soprintendenza per i Beni Culturali di Agrigento, Bagheria, 2019.

Sito internet www.vincenzonucci.it

 

La foto ci è stata fornita dalla famiglia.   

Ultimo aggiornamento

17 Luglio 2024, 09:12